mercoledì, Gennaio 8, 2025

I più letti

Articoli correlati

La mia Dakar a bordo di un camion, tra polvere, sassi, dune e corsa contro il tempo

BISHA (ARABIA SAUDITA) – Dio ha creato i paesi ricchi d’acqua perché gli uomini ci vivano, i deserti perché vi trovino la loro anima: non so a chi sto rubando questa citazione, quello che ho capito dopo questi primi giorni in gara, è che la Dakar non è solo il rally più duro del mondo, ma un viaggio straordinario dentro se stessi. Qui non ci sono filtri: il deserto ti obbliga a guardarti allo specchio, a fare i conti con i tuoi limiti. Ogni chilometro è una sfida, ogni bivacco un test di resistenza.

Raccontare la Dakar ti porta inevitabilmente a qualche considerazione esistenziale sul senso della vita: meglio partire dalla verità nuda e cruda.

È principalmente una corsa contro se stessi.La Dakar è un’esperienza unica, che mette a nudo ogni fragilità, è come andare dallo psicologo a 300 km/h. Ogni decisione è una sfida: scegliere la pista giusta, affrontare le dune, calcolare il tempo per evitare penalità. Nel deserto non c’è spazio per gli alibi. Se sbagli, devi trovare il modo di andare avanti.

Perché affrontare la Dakar su un camion? Perché è un palazzo di acciaio che si sposta su ruote con la trazione integrale. I camion si sono dovuti adattare alla Dakar dai tempi in cui correvano dietro ai piloti ufficiali in Africa, per portargli i pezzi di ricambio. Il mio quelle Dakar le ha corse davvero, è un 6.000 di cilindrata con un motore Deutz Turbo, capace di aprire piste e superare ostacoli apparentemente impossibili. Ma è anche una casa su ruote, dove la polvere si mescola ai sogni.

Intanto, il profumo intenso di zafferano accompagna le verifiche tecniche a Bisha. Qui si entra nel vivo della gara: ogni dettaglio del mezzo, dell’equipaggiamento e degli strumenti viene controllato con rigore. Senza l’adesivo di conformità, non si accede alla tappa successiva. E ogni piccolo dettaglio fuori norma può trasformarsi in un ostacolo insormontabile. E così, senza quasi accorgertene, passi le verifiche e sei alla partenza della prima prova speciale.

La prima partenza è stata come la prima diretta televisiva. Buco nero. Non mi ricordo più niente. A 9 minuti dallo start non so cosa sia un roadbook. Geroglifici. Devo anche andare in bagno. Ma poi parti e i sassi, le botte e la polvere ti suonano per bene come una sveglia.

Non so se arriveremo alla fine, all’ultima tappa, ma nel mentre di giorno ti chiedi spesso perché sei qui. Per dimostrarti che i limiti possono essere superati. Ogni giornata lascia un segno, ogni chilometro aggiunge un tassello a una storia più grande. E, mentre il 2024 si chiude con il peso di un anno difficile, il 2025 si apre con una nuova sfida: un casco allacciato, le cinture strette, e lo sguardo rivolto al deserto. Non serve altro.

Le stelle che si vedono di notte sono clamorose, quasi a ricordare che, anche nei luoghi più inospitali, la bellezza riesce sempre a fiorire. E domani, mentre i motori si accenderanno e il deserto si animerà, la Dakar tornerà a essere quel teatro straordinario che mescola sabbia, benzina, sogni e acciaio.

Ultimissime