giovedì, Gennaio 30, 2025

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Trump apre la Casa Bianca a TikToker e podcaster: “Accrediti anche per loro”

(Adnkronos) –
La Casa Bianca apre le porte ai ‘content creator’. Non saranno più solo i giornalisti dei media, tradizionali o nuovi in senso classico, a seguire i briefing della portavoce. Il termine new media è traslato per intendere non più solo siti, blog o podcast informativi, ma anche i social media come TikTok, piattaforma della società cinese ByteDance che Donald Trump vuole rendere americana, almeno in parte dopo aver vinto le elezioni anche grazie al sostegno dei ‘Tiktoker’. 

Come ha riassunto al suo esordio la portavoce Karoline Leavitt, una nuova sezione della James Brady Press Briefing Room sarà riservata a “chiunque produca contenuti informativi legittimi” quindi, ha aggiunto, a “giornalisti indipendenti, podcaster, influencer sui social media e creatori di contenuti”.  

Su cosa significhi “legittimo” in epoca di social privati delle funzioni del ‘fact checking’ la portavoce del presidente non si è dilungata. Ma nel suo discorso, new media non indica un prodotto basato su una nuova tecnologia o su un nuovo formato, come lo erano stati YouTube e i podcast al loro esordio, bensì gli interventi che su queste piattaforme hanno acquisito nuovo peso politico. Non più solo news, quindi, ma “contenuti legati alle news”.  

“La Casa Bianca di Trump si rivolgerà a tutti gli organi di stampa e personalità, non solo i media con una tradizione alle spalle che sono seduti in questa sala. E’ per noi essenziale condividere il messaggio di Trump ovunque e adattare questa Casa Bianca al nuovo paesaggio dei media nel 2025”, ha aggiunto Leavitt, che ieri ha dato la parola per primi a Mike Allen cofondatore di Axios, rispettato sito di notizie politiche Usa nato nel 2016, e poi a Matthew Boyle, capo della redazione di Washington di Breitbart News, la rete fondata dall’ideologo della destra populista Steve Bannon, e annunciato che saranno ripristinati i pass per 440 individui che erano stati “revocati scorrettamente dalla precedente amministrazione”. 

“E’ un fatto che gli americani fruiscano delle notizie diffuse su piattaforme diverse, in modo particolare i giovani. E come più giovane portavoce della storia (Leavitt ha 27 anni, ndr.) grazie al presidente Trump, sono onorata di aprire questa stanza alle voci dei nuovi media, perché possano condividere il messaggio con più americani possibile”, ha aggiunto.  

 

Potrebbero sbarcare nella briefing room, quindi, il New York Times titola oggi ‘Welcome Podcasters’, i creatori di contenuti che Dana White, il presidente della Ultimate Fight Championship vicinissimo a Trump e da qualche settimana nel cda di Meta, ha citato nel discorso di ringraziamento per la vittoria (i Nelk Boys, Adin Ross, Theo Von, Bussin’ with the Boys e Joe Rogan). Alcuni di questi podcaster erano in prima fila al giuramento di Trump e alle feste per l’inaugurazione della sua presidenza. Influencer, comici, comunque protagonisti indiscussi di quella che viene chiamata ‘manosphere’ per la loro audience composta in larga misura da giovani uomini, e della ‘rivoluzione sismica’ del panorama dei media, come ha scritto di recente il Financial Times.  

E’ a loro che spesso Trump si è concesso durante la campagna elettorale – 17 ore totali di chat libera con queste nuove star dei media. Tradizionalmente, l’ingresso alla sala briefing viene assegnato dalla Correspondents Association che negozia con l’entourage del presidente accesso e logistica. L’unico cambiamento al momento è stato l’aggiunta di una sedia, accanto al podio, fila su cui l’associazione non ha diritto di parola. Ma non c’è motivo di dubitare che il Presidente continuerà a riservare spazio ai podcaster che lo hanno sostenuto durante la campagna elettorale.  

I protagonisti di questa rivoluzione producono una enorme quantità di contenuti e spesso sono proprietari del loro prodotto. Si presentano come il vicino di casa, senza pretese, con un linguaggio semplice, vanno avanti ore a parlare. I contenuti sono definiti da una forte resistenza alla correttezza politica, anti-establishment, apparentemente non ideologici. Interessi comuni a tutti sono lo sport, gli integratori fitness, la possibile esistenza di vita extraterrestre. La pubblicità è disseminata, ovunque, nei loro ‘show’, indiscriminatamente per terapie online o pastiglie contro la disfunzione erettile. Non ci sono interviste, ma conversazioni e opinioni diffuse. Fact checking inesistente e non richiesto. L’interesse è per la “voce autentica”.  

“Sappiamo per certo che sono state promosse bugie da molti media tradizionali su questo presidente”, ha detto ieri Leavitt, proseguendo la tradizionale crociata di Trump contro testate mainstream fino a poco tempo fa, e impegnandosi a “dire la verità da questo leggio ogni giorno” e garantendo che la Casa Bianca farà i nomi dei media che promuovono disinformazione di qualsiasi tipo.  

 

I primi dieci podcast per audience rendono ai loro proprietari fra i 10 e i 50 milioni di dollari l’anno (fonte Scott Galloway, host di ‘Pivot’ un podcast di business e tecnologia citato dal Financial Times). Se sei a un milione di dowloads, porti a casa fra i 50 e i 100mila dollari al mese. A fronte di costi di produzione minimi.  

 

Theo Von, cresciuto in Louisiana, 44 anni, inizia la sua carriera in un reality di Mtv a 19 anni. “This Past Weekend w/Theo” è il podcast che ha lanciato nel 2016, dopo aver fatto per anni cabaret a Los Angeles. Sono stati ospiti del suo show Ed Sheeran, Bernie Sanders, un agente di polizia locale, la dipendente di una mensa scolastica, Trump lo scorso agosto.  

Joe Rogan, con i suoi 19 milioni di abbonati su YouTube e 15 su Spotify, è la star del gruppo. Il suo podcast ‘The Joe Rogan Experience’ nasce nel 2009. L’anno successivo ha firmato un accordo da 200 milioni di dollari con Spotify, rinnovato lo scorso anno per 250 milioni. L’80 per cento dei suoi ascoltatori sono uomini, la metà fra i 18 e i 34 anni. Lo scorso 26 ottobre, la sua intervista a Trump ha raccolto 50 milioni di visualizzazioni. Rogan aveva offerto il suo sostegno a Bernie Sanders nel 2020. Nel 2022 aveva definito Trump una “minaccia esistenziale alla democrazia”. Ma ha cambiato idea, offrendogli il suo ‘endorsement’ poche ore prima dell’apertura delle urne a queste ultime elezioni.  

Lex Fridman è un informatico diventato podcaster, spesso insieme a Rogan e a Elon Musk. Cresciuto a Mosca negli anni Ottanta, ha 41 anni, si è trasferito con la famiglia a Chicago, dopo il crollo dell’Urss, ha studiato Computer Science e conseguito un PhD alla Drexel University in Pennsylvania, dove il padre e il fratello avevano una cattedra. Il suo podcast ha guadagnato popolarità nel 2019, dopo una intervista con Elon Musk al quartier generale della Tesla. Ha anche intervistato Jeff Bezos, Mark Zuckerberg e Sam Altman. E poche settimane fa, Volodymir Zelensky.  

Andrew Schulz, anche lui 41 anni, ha una formazione di comico. Cresciuto nell’East Village a Manhattan ha condotto diversi show su Mtv negli anni 2010. Nel 2020 ha pubblicato uno speciale su Netflix, intitolato ‘Schulz Saves America’. Conduce due podcast: ‘The Brilliant Idiots’ e ‘Flagrant’ su cui ha intervistato, lo scorso ottobre, Trump. Logan Paul è considerato uno degli influencer più popolari degli ultimi dieci anni. Ha lanciato il podcast ‘Impaulsive’ nel 2018. E un wrestler professionista. Anche il fratello minore è un influencer, boxeur. Ha intervistato Trump lo scorso giugno.  

Theo Von, cresciuto in Louisiana, 44 anni, inizia la sua carriera in un reality di Mtv a 19 anni. “This Past Weekend w/Theo” è il podcast che ha lanciato nel 2016, dopo aver fatto per anni cabaret a Los Angeles. Sono stati ospiti del suo show Ed Sheeran, Bernie Sanders, un agente di polizia locale, la dipendente di una mensa scolastica, Trump lo scorso agosto.  

Joe Rogan, con i suoi 19 milioni di abbonati su YouTube e 15 su Spotify, è la star del gruppo. Il suo podcast ‘The Joe Rogan Experience’ nasce nel 2009. L’anno successivo ha firmato un accordo da 200 milioni di dollari con Spotify, rinnovato lo scorso anno per 250 milioni. L’80 per cento dei suoi ascoltatori sono uomini, la metà fra i 18 e i 34 anni. Lo scorso 26 ottobre, la sua intervista a Trump ha raccolto 50 milioni di visualizzazioni. Rogan aveva offerto il suo sostegno a Bernie Sanders nel 2020. Nel 2022 aveva definito Trump una “minaccia esistenziale alla democrazia”. Ma ha cambiato idea, offrendogli il suo ‘endorsement’ poche ore prima dell’apertura delle urne a queste ultime elezioni.  

Lex Fridman è un informatico diventato podcaster, spesso insieme a Rogan e a Elon Musk. Cresciuto a Mosca negli anni Ottanta, ha 41 anni, si è trasferito con la famiglia a Chicago, dopo il crollo dell’Urss, ha studiato Computer Science e conseguito un PhD alla Drexel University in Pennsylvania, dove il padre e il fratello avevano una cattedra. Il suo podcast ha guadagnato popolarità nel 2019, dopo una intervista con Elon Musk al quartier generale della Tesla. Ha anche intervistato Jeff Bezos, Mark Zuckerberg e Sam Altman. E poche settimane fa, Volodymir Zelensky.  

Andrew Schulz, anche lui 41 anni, ha una formazione di comico. Cresciuto nell’East Village a Manhattan ha condotto diversi show su Mtv negli anni 2010. Nel 2020 ha pubblicato uno speciale su Netflix, intitolato ‘Schulz Saves America’. Conduce due podcast: ‘The Brilliant Idiots’ e ‘Flagrant’ su cui ha intervistato, lo scorso ottobre, Trump. Logan Paul è considerato uno degli influencer più popolari degli ultimi dieci anni. Ha lanciato il podcast ‘Impaulsive’ nel 2018. E un wrestler professionista. Anche il fratello minore è un influencer, boxeur. Ha intervistato Trump lo scorso giugno.  

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