(Adnkronos) – “È stato talmente brutto e doloroso. Cercavo di proteggermi con un foglio da disegno sulle gambe”. Nella quarta puntata di ‘Belve’ in onda stasera, martedì 10 dicembre, in prima serata su Rai2, Elena Sofia Ricci parla a Francesca Fagnani in un’intervista intensa e profonda, in cui l’attrice si racconta con grande sincerità ricordando la violenza subita a 12 anni: “Tra abbandoni e maltrattamenti sento che il maschile mi debba qualcosa”, dice l’attrice.
Nello studio di Belve Elena Sofia Ricci parla anche delle sue fragilità. “Lei ha detto: se mi volto indietro vedo almeno dieci inferni. Qual è l’inferno peggiore che ha vissuto?” chiede Fagnani. “Avevo molti alcolisti nella mia famiglia” e “bere molto era abbastanza la normalità, quindi quando ero ragazza e mi volevo dare un tono ho delle volte alzato un po’ il gomito. Non sapevo assolutamente dosare”. “E quando ha capito che era andata oltre con l’alcol?” le domanda Fagnani. “Una mattina – ricorda l’attrice – davanti a uno specchio vidi una cosa grigia. Ero io. Ho detto: mio Dio, mi sto trasformando in quello che non mi piace della mia famiglia di origine”.
Sul suo ritorno nell’annunciato sequel dei Cesaroni confessa: “Ci sono delle cose che è bene che finiscano a un certo punto. Ero già andata via troppo tempo prima. Basta”. E sulle parole di Claudio Amendola “lo spirito di Elena aleggia in tutta la serie” l’attrice chiosa con un sorriso: “Se aleggio da morta mi secca un pochino sinceramente. Mi piacerebbe saperlo”.
Il momento più intenso il ricordo di una violenza subita a soli 12 anni (da un uomo conosciuto dalla sua famiglia) e la scelta di non parlarne inizialmente con nessuno, neanche con la madre. “È stato talmente brutto, talmente doloroso. Scatta anche un senso di colpa perché non capisci cosa sta succedendo, sei nel pieno della pubertà. Eravamo in una macchina e io avevo un foglio da disegno sulle gambe. Cercavo di proteggermi con quel foglio. Chiaramente può un foglio da disegno proteggere? No”, racconta commossa l’attrice a Fagnani. “È un nodo che non ho sciolto ancora. Non l’ho detto a mia mamma perché non volevo darle un dolore”. “Ho sentito che c’era qualcosa di sporco. Il problema è che questa cosa sporca è rimasta tutta la vita. Quindi per me quello del maschile – di cui io non mi fido tanto – è un problema. Tra abbandoni e maltrattamenti sento che il maschile mi debba qualcosa”.